30/09/08

Religious Knives




Le lunghe e dolenti note di Brooklyn After Dark aprivano il loro primo album per Troubleman Unlimited, una delle più stilose indipendenti della costa est, gemellata con il marchio dance culto Italians Do It Better. L'occhio lungo del boss Mike Simonetti era arrivato a cogliere le movenze di questo giovane trio locale, le cui musiche con fascino e propensione tutta urbana sembravano echeggiare la migliore psichedelia californiana. In realtà i Religious Knives erano formazione di casa, con altre sigle si erano già fatti largo nelle spire dell'underground locale, realizzando documenti sonori ben più tetri e distaccati. Maya Miller e Mihael Bernstein si incontrano a New York 10 anni fa, la prima formazione cui danno vita sono i Double Leopards, misterioso combo dedicato ad un artistico e melmoso drone-rock, più prossimo all'idea di rumorismo che non ad una qualsiasi forma canzone. Un rito antico, che possiamo in qualche maniera riportare ai Velvet Underground, altezza Sister Ray. Nel 2005 i Religious Knives sono la nuova fenice, il duo progressivamente si affranca da una dolorosa esperienza mistica, orientandosi verso nebulose psych-rock, che in maniera prepotente descrivono la nuova impennata di un genere che dopo la cultura delle droghe dei 60/70, conosce una canalizzazione più severa, urbana. La strada è il luogo dell'esperienza lisergica, il sogno americano definitivamente tramontato, l'onda lunga della crisi finanziaria, il sangue che si scioglie in dementi danze lisergiche. Mai gruppo fu più attuale. Nel 2006 entra in pianta stabile un altro ragazzo terribile dei bassifondi newyorkesi, risponde al nome di Nate Nelson. Si divide tra batteria, percussioni e basso elettrico, in principio il suo ruolo era quello del terrorista sonico, tanto che i suoi Mouthus sono a ragione considerati tra i gruppi cardine del movimento noise americano, alla stessa stregua di Wolf Eyes e – per altri versi – Black Dice. Queste arcaiche danze mortuarie iniziano ad assumere un aspetto delirante, tribale è la musica dei Religious Knives, ancora costruita attorno al concetto di reiterazione. L'organo di Maya Miller diviene ben presto l'elemento caratterizzante del gruppo, come un Ray Manzarek dall'inferno. E addirittura i Doors del re lucertola sembrano materializzarsi all'orizzonte, quando ripetutamente scorrono nel lettore cd i loro dischi per Troubleman e No Fun (l'etichetta di un altro personaggio culto della nuova New York, Carlos Giffoni, organizzatore dello stesso No Fun Fest che vedrà protagonisti i Religious Knives). Poi il sogno sbiadito del kraut rock, i possenti ghirigori ritmici di una jamaica marziana così come illustrati dai P.I.L. di Second Edition, futurismo primitivo, avete indovinato... C'è stata anche la gavetta con i cd-r per la loro personalissima Heavy Tapes, ma ora i tre entrano una nuova dimensione, c'è un produttore artistico – Thurston Moore – ed uno esecutivo – Justin Pizzoferrato (uno che recentemente ha lavorato con Sonic Youth, Dinosaur Jr e Free Kitten) – un nuovo album da promuovere – The Door per un marchio importante quale Ecstatic Peace – ed una nuova sfida da lanciare al mondo, senza essere per nulla sprezzanti. La cosiddetta new weird America riparte da qui.

"In a land far, far from the confines of the A-A-B-A song format lies a different form of organization: The Mantra. Religious Knives mine this never-ending pit for all it's worth, digging greedily until there's little room left for human life.." TINY MIX TAPES

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