08/06/09

Flipper "Love"



Quando si parla di veri e propri sopravvissuti del rock’n’roll non si può certo prescindere dalla figura dei Flipper, quartetto che sin dai primi anni ottanta ha messo a ferro e fuoco la California, con uno stile musicale straniante, tanto punk quanto dadaista e nichilista. Spesso capaci di scivolare nella più melmosa wave britannica – da sempre sono stati additati come la versione più nerboruta dei Public Image Limited, almeno ai tempi del capolavoro "Generic" – i nostri hanno incontrato sulla loro strada anche il manto oscuro della morte. Che con la sua falce si abbatteva sul gruppo al momento della scomparsa – per un overdose di eroina – del vocalist Will Shatter. Il tempo tiranno può alle volte restituirti qualcosa, il destino volle così che gli autori del mitico anthem "Sex Bomb Baby", fossero addirittura additati da un’intera generazione come degli antesignani. Parliamo della generazione grunge. O quanto meno di quei gruppi che fecero di Seattle il centro del mondo prima che le major fecero mambassa. I Melvins di "Lysol" coverizzavano la loro funerea "Sacrifice", mentre Kurt Cobain si sperticava in lodi all’indomani dei gettoni d’oro di "Nevermind", spesso proprio indossando la famosa t-shirt del gruppo col pesce stilizzato. Fu così che nel ’92 i Flipper, quasi in animazione sospesa, risorgono, come una fenice. Dopo la corte spietata di Rick Rubin, i nostri approdano alla sua American, licenziando "American Grafishy", un disco più rock, ma ugualmente morboso e per nulla avvezzo a concessioni commerciali. Ancora un lungo silenzio e poi una timida attività live, che – ironia della sorte – li vede affiancati dal nuovo bassista, quel Chris Novoselic che dei Nirvana fu uno dei membri fondatori. Un suono ancora fangoso, dal profondo, grazie alla puntuale produzione del re mida del grunge Jack Endino (il chitarrista degli Skin Yard che per poche centinaia di dollari incise "Bleach" dei Nirvana), queste le credenziali di "Love". Le cui registrazioni sono state effettuate presso il Murky Slough Studios, nella proprietà terriera dello stesso Krist (da diversi anni ama farsi chiamare così) nello stato di Washington. Bruce Loose, Ted Falconi, e Steve De Pace – i tre pezzi originali – hanno raggiunto con regolarità l’abitazione di Krist per le prove e l’incisione del materiale, riferendosi all’esperienza come a un "Band Camp". I risultati lasciano ancora una volta sbigottiti, la vena malata del gruppo ancora sugli scudi, un incedere lento ed inesorabile, con la chitarra volutamente affossata sotto le frequenze di basso ed un urlo primordiale nella voce di Bruce Loose. Altro che dinosauri…

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