29/08/13

Dent May alla fatidica prova del terzo album




‘Warm Blanket’ è il terzo album dell’originale autore del Mississippi Dent May, polistrumentista e produttore che grazie ad un’immagine old-fashioned e ad uno stile pop tra i più estroversi in circolazione, ha presto conquistato tutta la stampa di settore. Registrato in piena solitudine in una casa vittoriana infestata dai fantasmi – almeno così si mormora – nella baia di St. Augustine, Florida,  il disco arriva dopo appena un anno dalla pubblicazione di ‘Do Things’, lavoro che segnò una sorprendente svolta elettronica.

Oggi, siamo di fronte al suo lavoro più ambizioso, ogni singolo traccia in scaletta assume le sembianze di un piccolo bignami musicale. La forma canzone è così corredata da un’infinità di dettagli che altro non fa se ribadire l’enciclopedico sapere dell’artista. L’ambizione del resto è una spezia essenziale, un  approccio necessario qualora si volesse navigare a vista nel mare magnum del pop contemporaneo. L’eclettismo appare però bilanciato, siamo di fronte ad una fusione stilistica rispettosa dei modelli principe, in cui le sovrapposizioni non sono mai forzate. Non una stonatura, ecco, il quadro di ‘Warm Blanket’ è tra i più confortanti, una lezione dai toni gentili ma concreti, in cui Dent May cavalca l’onda del sixties pop, della lounge music e della wave più aristocratica. Come un Brian Wilson invaghitosi degli Scritti Politti o degli Aztec Camera persi tra folktronica e tropicalia.

Ha fatto davvero tutto da sè, suonando quasi tutti gli strumenti e sfruttando anche un maestoso gran piano presente nella dimora’ abbandonata’. Si è guardato poi intorno reclutando alcuni giovani musicisti locali per i fiati, gli archi e quella pedal steel che disegna scenari tanto ‘americana’. Il sogno si rinnova dunque: tra pop esistenzialista e  country soul (vi rimandiamo alle ottime raccolte di Light In The Attic e Soul Jazz per approfondite l’argomento) va in scena un classico moderno. Dent rimane anche sull’attualità per quello che riguarda i testi, interrogandosi non solo sulla sua giovinezza, ma parlando sovente di alienazione ed irrequietezza, due dei mali più radicati nel sociale, senza perdere in questo un filo di ironia. Bellissime intelaiature acustiche, sprazzi di sintetizzatori analogici, melodie vocali inventive ed una sincerità di fondo che conquista immediatamente. La famosa prova del nove, superata in scioltezza.





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